Chi sono
Quante volte ti hanno detto che dovevi solo “calmarti” per ridurre i tuoi sintomi intestinali?
“Rilassati e passerà”
Troppe pazienti si sono sentite ripetere questa frase e sono venute nel mio studio rassegnate a dover subire i proprio sintomi intestinali.
Nonostante le diverse pillolette i loro sintomi non passavano, così ecco che il professionista dietro la scrivania trovava la soluzione:
“è solo questione di ansia, devi calmarti”.
C’è stata una paziente in particolare, Rosa, che quando è arrivata nel mio studio era in balia dei suoi sintomi intestinali, non capiva cosa le stesse succedendo …
“Sono arrivata nel settembre 2021 nel suo studio, ormai senza più speranze. Qualsiasi cibo io ingerissi sembrava essere veleno per il mio corpo, in particolare per il mio intestino. Avevo provato altre nutrizioniste senza successo, a causa di piani alimentari troppo rigidi e una poca presenza delle nutrizioniste stesse. Il mio problema intestinale aveva provocato anche seri problemi ginecologici, ero arrivata a provare un vero e proprio terrore per il cibo, vivere era ormai diventato un gioco alla roulotte russa, tanto mi poteva andare bene e vivere la giornata in serenità tanto poteva essere un inferno, non c'era una via di mezzo, o era bianco o era nero.
Lei, senza una diagnosi ancora certa, mi ha ascoltato per ore, capito e tranquillizzato. Mi ha seguito con pazienza, aggiustato il piano alimentare a seconda delle mie esigenze personali e del mio ritmo di vita. Lei è arrivata a capire quale fosse il problema, sindrome del colon irritabile ancor prima che mi fosse diagnosticato.
Oggi la mia vita è molto più semplice, so cosa mi fa male e cosa no, ovviamente è una sindrome con cui si convive, non va mai via.
Ad oggi posso dire che ci convivo molto meglio, con una serenità che ormai da anni avevo perso. Il mio rapporto con il cibo è cambiato, in meglio. Non ho più il terrore che prima mi assaliva, mangiando.
Sono serena, molto più felice. E questo lo devo solo a lei. Grazie.”
Rosa Baverella

Rosa si lamentava soprattutto del suo gonfiore, gonfiore che peggiorava quando si concedeva un pranzo fuori.
Un gonfiore che la costringeva a sbottonare i pantaloni perché stingevano troppo, che la faceva sembrare una donna incinta di 4 mesi, che la piegava in due dal dolore e la costringeva a stendersi a letto.
Delle parole in particolare mi hanno colpita di Rosa:
“Finalmente qualcuno che mi crede”
Ricordo che la prima cosa che ho pensato quando me l’ha detto è stata:
“Come potrei non crederti nemmeno io?”
Io non avevo bisogno di vedere le foto della sua pancia gonfia, non mi serviva una conferma visibile, lo conoscevo fin troppo bene quel gonfiore straziante …
È fin da piccola che mi rapporto con le problematiche intestinali, da che ricordo ho sempre sofferto di “attacchi di pancia”, ma ho iniziato ad avvertirli come un problema verso l’adolescenza.
Da bambina quando uscivo e avevo l’urgenza di andare in bagno c’era la mia mamma che mi accompagnava a quello più vicino.
Durante l’adolescenza, invece, cerchiamo la nostra indipendenza, iniziamo a scoprire il mondo da soli, arrivano le prime uscite con gli amici. È in quel periodo che ho iniziato a sentirmi “diversa”.
Non starò qui a raccontarti tutte le volte in cui mi sono sentita in imbarazzo per i miei attacchi, ne sono troppe.
Potrei raccontarti di quando al liceo fingevo di avere la nausea in modo da passare la prima ora in bagno, perché dire che hai un attacco di diarrea è brutto, poco femminile no? La nausea è più “normale”.
O potrei raccontarti di quando il viaggio verso l’università mi sembrava interminabile, era un turbinio di emozioni: panico, agitazione e calma apparente…
Arrivavo alla fermata del treno tutto ok, mentre aspettavo il treno iniziavo a sentire dei movimenti intestinali, ero ancora in tempo per tornare a casa, poi arrivava il treno “no dai Giusi ti stai condizionano, respira, stai bene”, così salivo sul treno e stavo bene tutto sommato.
Arrivava poi il momento di aspettare il pullman:
5 minuti ok;
8 minuti ecco che tornavano i fastidi “Quando arriva questo pullman, respira sta tranquilla, respira”;
10 minuti “Vedi che stai bene, non devi pensarci”;
15 minuti panico “Ora prendo di nuovo il treno e torno a casa”.
Ecco il pullman “Ah finalmente, mi manca l’ultimo tratto di 15 minuti”
Nel pullman le emozioni si ripetevano: calma, agitazione e panico...
Quando vedevo la struttura era un sollievo, correvo al bagno vicino alla segreteria, quello dove non andava mai nessuno, quindi c’era un doppio lato positivo: era pulito e non incrociavo altre persone.
Una volta superata la crisi poteva iniziare la giornata, mi stampavo un sorriso in volto e andavo a salutare i miei amici come se niente fosse, inventando scuse sul traffico o sui pullman che non erano mai in orario per giustificare il mio ritardo (che magari loro nemmeno avevano notato).
Un odissea non ti sembra?
No, non ti racconterò di tutte quelle occasioni in cui mi sono sentita in imbarazzo e pentita di essere uscita di casa, tutte le volte in cui una bella giornata fuori si è trasformata in un incubo ad occhi aperti.
Voglio raccontarti, invece, di un periodo in particolare, durante il quale non riuscivo a superare un esame, quello che ora dentro me definisco il mio “periodo buio”.
In quel periodo sono comparsi altri sintomi, diversi dal classico mal di pancia, facevo fatica a prendere sonno, dormivo agitata, mi svegliavo con crampi addominali e nausea.
Sono subentrati poi tremori, ansia, estrema tristezza.
Al mattino ancora prima di scendere dal letto avevo conati di vomito, correvo al bagno ma non usciva nulla, solo succhi gastrici. È così che iniziava la mia giornata.
Non mangiavo nulla, ma, nonostante ciò, avevo diverse scariche di diarrea.
Arrivava il pranzo e buttavo giù giusto qualche boccone, sotto lo sguardo attento dei miei genitori. Dopo pranzo riuscivo a riposarmi un po', mi stendevo stremata sul letto, era passata metà giornata, il grosso era passato. Mi addormentavo per qualche minuto poi saltavo nel sonno.
I tremori non mi abbandonavano mai, mi facevano male i muscoli tanto che ero tesa.
Arrivava poi la sera, riuscivo a mangiare di più, finalmente la giornata era finita.
Dopo cena mi mettevo a letto a guardare i telefilm e crollavo.
All’alba i tremori mi svegliavano ed ecco che ricominciava il ciclo.
Cercavo di capire perché stessi così male, “poteva un semplice esame mettermi così in crisi?” mi sono detta che forse non ero fatta per l’università, era troppo per me.
Non ero in grado di sopportare l’ansia per gli esami, ero debole, non ero all’altezza.
Ho addirittura pensato di abbandonare tutto, mi sentivo solo una fallita.
Non riconoscevo più il mio corpo e non capivo che segnali cercava di mandarmi.
Mi sono chiusa in me stessa, passavo le giornate a letto, non avevo più voglia di fare nulla, non riuscivo a studiare. Quei libri di testo che erano sempre stati il mio rifugio sicuro, ora li odiavo.
Quando uscivo mi stampavo un sorriso in volto e fingevo che andasse tutto bene ma dentro mi sentivo a pezzi, avevo una voragine che mi stava pian piano svuotando, cercavo sempre di nascondere il mio tremore.
Ecco nascondermi, volevo solo quello, rifugiarmi sotto le coperte nel mio posto sicuro.
A 20 anni, invece, dovresti andare a ballare, a bere, a goderti la tua gioventù.
Medici, amici e parenti mi dicevano che dovevo solo calmarmi.
“Non ci pensare, vedrai che starai meglio”
Facile a dirsi no?
In qualche modo sono riuscita a risollevarmi da quel burrone, non ho mollato.
Pian piano mi sono “calmata”, i sintomi sono diminuiti.
Ho finalmente superato quell’esame e continuato il mio percorso.
Ogni tanto il mio intestino continuava a fare i capricci, ho così deciso di andare da un gastroenterologo che mi ha diagnosticato la Sindrome dell’intestino irritabile.
Mi ha dato un farmaco che però ha avuto solo un effetto palliativo, mi ha sì calmato i sintomi nell’immediato ma nel lungo termine non mi ha risolto il problema.
Ah, mi ha anche dato il classico foglietto con gli alimenti da evitare, ce l’hai presente no? Quella lista infinita di alimenti che ti confonde ancora di più, leggendola ti chiedi solo
“E quindi? Faccio prima a mangiare pane e acqua?”
Per un po' è andata meglio tutto sommato.
Certo quando avevo un esame la situazione non era delle migliori.
Spesso non riuscivo a godermi una cena fuori perché dovevo correre al bagno.
Quando dovevo affrontare un viaggio lungo mi prendeva il panico per la paura di avere l’esigenza di andare in bagno, così mi riempivo di Imodium.
Quando mi concedevo una pizza o un gelato o un dolce mi chiedevo sempre come sarei stata il giorno dopo.
“Oggi è sabato e devo tornare all’università martedì, quindi si dai me la posso concedere una pizza, ce l’ho il tempo di riprendermi.”
Ho iniziato a scegliere bar, ristoranti e pizzerie in base ai loro bagni, potrei farti un elenco dei locali nel mio paese con i bagni più belli e quelli da evitare perché i bagni sono sporchi o in comune tra uomo e donna.
Sono diventata un’esperta nelle ricerca dei bagni pubblici, ovunque andassi involontariamente, anche se era un “periodo buono”, con lo sguardo cercavo il simbolo del bagno, ed ecco che subito mi calmavo e riuscivo a godermi la serata con i miei amici.
Quando i miei compagni dell’università mi invitavano a pranzo fuori trovavo sempre una scusa per non andarci.
Ho iniziato ad eliminare di tutto dalla mia alimentazione, non mangiavo i miei amati legumi, non mangiavo le verdure, non mangiavo la frutta, farei quasi prima a dirti le poche cose che mangiavo.
Passavo dall’eliminare ogni cosa per non passare parte della giornata in bagno, al mangiare tutto ciò che sapevo mi avrebbe fatto male perché ero stanca.
Ormai questa era la mia vita no? Che potevo fare, il mio era un disturbo cronico, ci dovevo convivere, il medico così mi aveva detto.
Arrivati a questo punto devo farti una confessione, diventare una nutrizionista non è sempre stato il mio sogno. Sono appassionata di film, libri e telefilm polizieschi, il mio grande sogno era entrare nella polizia scientifica.
L’esame che non riuscivo a superare era però quello di chimica (alla base di una preparazione per lavorare in un laboratorio), ho odiato a tal punto la chimica (la ricollegavo a quello che definivo il mio “periodo buio”) o forse nonostante i miei successi universitari ancora sentivo di non esserne all’altezza, che ho accantonato il mio sogno.
Ho così scelto di intraprendere il curriculum nutrizione del mio percorso di studi.
Questa è stata la scelta che mi ha cambiato la vita.
Mi si è aperto un mondo, più studiavo più capivo cosa accadesse nel mio corpo.
Una volta laureata non è mi bastato ciò che mi avevano detto all’università, così ho approfondito l’argomento con altri studi (non ti farò tutto l’elenco, non basterebbe una pagina e sono sicura che ti addormenteresti al quarto titolo noioso).
Ho iniziato a completare il mio puzzle, più andavo avanti più aggiungevo pezzi ed era chiaro il disegno nascosto.
Ho scoperto che tutti i sintomi che avevo (diarrea, dolori e crampi addominali, gonfiore, tremori, nausea, vomito, alterazioni urinarie, dolore durante i rapporti sessuali, sonno disturbato, ansia, panico) erano collegati, in modo diretto o indiretto, alla mia patologie intestinale.
Mi sono così sentita meno “strana”, meno “sbagliata”, non ero io il problema, non stavo impazzendo, non dovevo solo “calmarmi” come mi dicevano i medici, dovevo fare pace con il mio intestino.
La causa dei miei sintomi non era l’ansia per quell’esame, ma era il mio intestino che cercava di urlarmi qualcosa, cercava di urlarmi che era a pezzi e che me ne dovevo prendere cura.
È così che sono diventata la mia prima paziente, o forse dovrei dire che sono diventata la mia cavia.
Con questo non voglio dire che i miei studi mi hanno portata a scoprire la “CURA MIRACOLOSA” per le patologie intestinali, non ho vinto nessun premio Nobel e non ho fatto nessun miracolo.
Le patologie intestinali sono spesso delle sindromi croniche, lo so bene.
Ma ho imparato ad ascoltare il mio corpo, ad accettarmi, a non sentirmi più sbagliata o diversa. Non devo vergognarmi e isolarmi.
Io non ho nessun problema, ho solo un disturbo intestinale.
Ho anche imparato ad anticipare i miei attacchi prima che peggiorino.
Ho imparato che devo prendermi cura del mio intestino con la giusta alimentazione, soprattutto durante le ricadute.
Ho imparato quali sono gli alimenti che mi fanno male e quali invece riesco a tollerare.
Soprattutto ho scoperto che non ha senso eliminare qualsiasi cibo ed avere un’alimentazione iper-selettiva per paura che tutto mi faccia correre al bagno.
Ma l’alimentazione non basta, ho imparato che devo prendermi cura del mio intestino a 360 gradi, con il giusto stile di vita.
Ho iniziato a godermi le cene in pizzeria col mio compagno, le feste di famiglia, le vacanze, ma soprattutto la mia semplice routine.
Non voglio mentirti le ricadute ci sono sempre, capita il periodo di forte stress, dove il mio intestino mi fa capire che sto tirando troppo la corda, che è necessario fare una pausa. Così faccio un passo indietro, coccolo un po’ il mio intestino e torno alla normalità.
Non sono più schiava del mio intestino, ci ho fatto pace ed ho imparato a prendermene cura.
Ed ora è proprio questo il mio grande sogno, riuscire ad aiutare altre donne come la me ventenne che non si riconosceva più, che si sentiva sbagliata.
Non posso tornare da lei per dirle che ci sono altre donne che hanno i suoi stessi sintomi e se ne vergognano, ma ho potuto aiutare Rosa e posso aiutare anche te.
Vuoi sapere come riesco a convivere con la mia patologia intestinale?